L'estraneo nello specchio

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L'estraneo nello specchio

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Descrizione

I racconti che compongono questa raccolta dall’inquietante titolo “L’Estraneo nello specchio – Novelle nere” rappresentano un grande e vasto orizzonte che racchiude alcuni aspetti dell’animo umano, soprattutto quella parte oscura che ognuno di noi cerca di tenere celata ma che, talvolta, appare in superficie.

L’estraneo che ci appare riflesso nello specchio non rappresenta solo l’immagine della nostra interiorità perversa ma anche il mostro che ognuno di noi crede di vedere nell’altro, nello straniero, nel diverso, una paura infondata che l’autore tenta di esorcizzare attraverso una decostruzione di alcune idee malsane. Le storie spaziano fra vari generi tra cui l’orrore e il noir, il thriller e atmosfere più drammatiche, fin anche la fantascienza. Diciotto storie sinistre e cupe che mettono in risalto quanto di torbido vi sia nascosto nella mente degli esseri umani. L’autore esprime una serie di interrogativi e di dubbi esistenziali che trovano una loro risposta in un crescendo di terrore e di buio, anche se in alcuni punti uno sprazzo di luce sembra squarciare questa tela nera intessuta da spaventosi incubi. Diciotto novelle che porteranno il lettore ad interrogarsi su se stesso e sulla natura stessa dell’essere umano, sull’importanza di alcuni sentimenti e sulla tremenda malvagità che permea certe convinzioni.

Una raccolta che porterà il lettore a porsi alcune domande su se stesso, una riflessione che però sarà accompagnata dai fantasmi che l’autore ha disposto lungo la strada.

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  1. Stefano Falotico

    L’estraneo nello specchio

    Vincenzo Abate, con ardore “violento”, ci “divora” in quest’allucinante corridoio immaginativo della paura, narrandoci della storia cupa e macabra di un uomo “malato”, inghiottito dalla sua follia o, forse, e questo è fascinosamente raccapricciante, da una verità oscura che si annida nell’asma della sua meandrica mente probabilmente nel giusto, squarciata dal brivido dell’aberrante ingiustizia disumana. Costretto in un manicomio, “gioca” con gli specchi della memoria, che partoriscono tanti mostri della coscienza e l’ineludibile approdo alla tragica (ir)realtà. Una narrazione scorrevole, ottimamente orchestrata di virgole al posto (mal)sano, saltellante nelle “meningi” di quest’uomo “sconsacrato”, disturbato, alienato, in verità vi dico nel savio. Chi lo salverà? Precipizio, urto, urla, schiamazzi del cuore ibernato, (non) liberato, ricordi aprenti il buio dell’anima e un inseguirsi armonico d’abissali, profondissime incognite. Pian piano si disvela il vero, le vene “gridano” la loro sacralità rubata della vita spezzata. E non s’argina il tempo, appunt(it)o, della memoria, che non fa sconti, rosicchia, urtica, mangia, squama, si fa luce o forse fievole, speranzoso crepuscolo. I capitoli “sorseggiano” inquieti l’inquietudine più “vitrea”, ed è un viavai nosocomico di tensione “tagliata” in una prosa forte, decisa, senza fronzoli né voli pindarici, che Abate “delinea” con indubitabile talento da scrittore che sa come “dirigere” un libro “horror”, sa come guidarci nell’abisso e oltre, nella sospensione e riapertura dei lancinanti, ferini dubbi strazianti, un libro “strangolante”. Il libro si “spacca” fra mille “usuranti” ricordi, un foreporter in Corea, confessioni di Dracula, il Mystic River…, Satana che è figlio di Bram Stoker, il celeberrimo delirium tremens, etc, in un flusso ininterrotto di stream of consciousness, ben delineato, “incorniciato” dall’autore, Abate, in modo elegante e senza sbavature, ché si legge tutto d’un fiato, “a bocca aperta” spalancata così com’è vivido e palpabile, lo possiamo annusare, respirare, inalare, introiettare e robustamente sentire, l’em(p)atico, cristallino bri(vid)o di aver “plasmato” la narrazione a sua volontà. Particolarmente riuscito e squisito il capitolo intitolato “Ombre del passato”, in cui Abate fa riecheggiare molte verità inaudite del nostro pazzo mondo e, dietro la figura di Tom, scaglia colpi bassi e “sacri(leghi)” contro la psichiatria, finto “deterrente” per (non) curare l’anima, anzi, intenerendola nella “lobotomia” della coscienza, anziché alleviare i demoni interiori, li soffoca pericolosamente, pronti a riesplodere in furia manifesta appena riaffiora appunto il passato marcio e non lenito. Ed ecco poi la perdita dell’innocenza, la paura del buio, i mostri adulti, immancabili in un romanzo di questo tipo. Il tutto, come già detto, sempre narrato brillantemente e con maturità, acume sottile. Un altro capitolo secco e riuscito è quello del colloquio, ove una giovane donna idealista e dai pugnaci valori vien costretta ad “adattarsi” all’andazzo lavorativo, soffocando tristissimamente le sue ambizioni da letterata…, un bel pugno allo stomaco alla società cannibalistica, fascista e dominata dai soldi più capitalistici. Perché questi capitoli-racconti che appaiono così slegati fra l’oro? Il rebus sarà

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